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fece vacillare nella presa risoluzione. Ella forse vegliava, colla mente fissa nell’incerto avvenire, sperava forse che la mia titubanza fosse derivata dalla meraviglia o da un delicato riguardo dell’animo, e io ero costretto invece a rappresentare una parte da scortese cavaliere. La mia lotta nondimeno fu breve. Non è sempre vero, ahimè, che amore


.....a nullo amato amar perdona.


Io non potevo offrire ad Emilia quella corrispondenza di affetti ch’ella aveva il diritto d’esigere, la mia lealtà m’imponeva d’esprimermi francamente. Trascorso appena il secondo giorno le scrissi:


«Signorina,

«Dall’ora memorabile del nostro colloquio, non ho cessato di riflettere e d’interrogare me stesso La coscienza m’accerta ch’io non posseggo le qualità necessarie per renderla felice, egregia signorina, quant’Ella merita, e un sentimento d’onestà e di delicatezza ch’Eli a non vorrà, spero, disprezzare, mi costringe a ripetere che non mi ritengo degno della nobile e lusinghiera proposta che tanto m’onora. In questo momento doloroso, mi conceda d’esprimer! e, ancora una volta, la mia riconoscente e immutabile devozione.

«Attendo i di Lei ordini per poi lasciare al più presto questa casa ospitale alla quale mi legano