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Io la guardai sorpreso e non seppi che cosa rispondere. Emilia proseguì:

— Io mi trovo in una condizione difficile, dolorosa e assai diversa da quella delle altre fanciulle. Sono sola al mondo: non v’ha peggiore destino di questo. Avrei potuto sposarmi, parecchie volte, ma ho sempre temuto, lo confesso, che la simpatia che mi si dimostrava fosse giustificata più che dalla mia persona dal triste patrimonio che tante crudeli sventure mi hanno lasciato in eredità. Preferii rimanere libera. Sola tuttavia non posso vivere, lo sento, e piuttosto che fare il sacrifizio della mia anima orgogliosa ad un calcolo volgare, ho risolto di transigere, con quelle leggi che condannano la donna a soffocare passivamente le proprie inclinazioni. Ho molto meditato e sofferto, Alvise, prima d’uscire dal silenzio e dal riserbo e vorrei che fin d’ora, ella sapesse comprendermi e anche compatirmi se non agisco con la correttezza che si compete ad una fanciulla mia pari.

— È saggio consiglio quello di seguire il proprio impulso senza rendersi schiavi delle convenzioni sociali — risposi, con crescente meraviglia, — d’altronde a me, signorina, non spetta di dare alcun giudizio.

— A lei più che a qualunque altro — ella disse, con un dolce sorriso, arrossendo.

Io m’inchinai ma rimasi impassibile e freddo e vi fu nel colloquio una breve, penosa pausa, dopo la quale, ella riprese alquanto turbata: