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fra tutte le sue elette attitudini, quell’originale talento d’interprete, convinto com’era che, pur restando ligi fino allo scrupolo alla volontá dell’autore, v’ha sempre un modo individuale d’intendere la musica, pes i rapporti ch’essa ha coll’infinito.

Il suo tocco èra per natura rotondo, pastoso, penetrante, e Montalto s’era preso cura di conservarglielo come un dono preziosissimo. Spesso maestro e scolara suonavano a quattro mani e non s’udiva alcun distacco fra i due tocchi: robusto l’uno, l’altro pieno di grave dolcezza, essi si confondevano negli accordi come si fonde il pensiero di due anime affini. Quell’esercizio, utilissimo a Violante anche per la lettura a prima vista, le forniva il mezzo d’imparare a conoscere e di studiare le opere sinfoniche degli antichi e dei moderni Tedeschi e tutto il repertorio della musica da camera istrumentale che sì bene prepara all’audizione dei concerti. Spronata da una vera avidità d’istruirsi, ella s’era resa familiare coi migliori autori per il pianoforte, specie con Clementi, con Scarlatti e col Padre Martini, deplorando insieme al maestro che tanta bella musica italiana giaccia ancora sepolta ed inedita negli archivi, analizzando a fondo tutte quelle creazioni mirabili del talento e del genio che aprono al pensiero i luminosi orizzonti d’un altissimo ideale.

Più tardi il giovine, per assecondare un desiderio da lei frequentemente espresso, cominciò a