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non mi sento di seguirli e t’indicherò ove tu possa trovarmi.
— Farò tutto ciò ch’ella desidera, — balbettai, — ora è tempo ch’io parta, non è vero?
— Sì, ragazzo mio. Noi abbiamo molti conoscenti qui e se qualcuno giungesse
— Ha ragione.
Ci abbracciammo un’ultima volta, la lasciai, scesi le scale a precipizio, uscii fuori sulla riva, come un pazzo. Avevo la febbre, m’ardevano le tempia, il cuore mi martellava furiosamente. Il sole mi dava fastidio: corsi a chiudermi in casa, ma quella fredda camera d’albergo mi parve insopportabile e dovetti tornare subito all’aperto.
Mi sentivo male, la mia mente era confusa, mi sembrava che il cuore si fosse vuotato ad un tratto, sanguinando, e non volevo analizzare me stesso, nè spiegarmi la cagione di quell’affanno.
Passai due giorni nella desolazione, errando a caso senza trovar conforto.
La prima sera, sulla riva, una voce, nella folla, mi fece sussultare.
Era la voce di mia madre. Ella passeggiava tranquillamente in mezzo ai suoi figli, dando il braccio a uno di loro. Io li seguii alcun tempo, a qualche distanza, non visto, nell’ombra, poi dovetti fuggire.
L’indomane, nel pomeriggio, al pontone della Cá d’oro essi salirono tutti sul vaporetto col quale io tornavo dalla stazione. Le panche erano occu-