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topi da pesca giacevano perduti, tra la sabbia, nella malinconica solitudine. Io guardavo a quello spettacolo con ardente pensiero, e spesso anche guardavo alla nostra singolare compagna, così tranquilla, così serena nella giovanile gravità del suo aspetto. Aveva vent’anni e la sua bellezza intelligente e pittoresca sembrava fondersi cogli incanti del creato. Il suo vestito semplicissimo, verde scuro, il suo cappello guernito da un velo bianco, formavano una macchietta simpatica, costituivano un valore nel grande quadro.

Nella nostra comune ammirazione scambiammo a poco a poco qualche parola.

Ell’aveva una voce di contralto armoniosa e dolce.

Il vaporetto, lasciando dietro a sè una lunga traccia spumeggiante in cui, adesso, il colore si rimescolava, con strana volubilità, in tutti i toni, dal celeste all’indaco, procedeva sicuro nella via tracciata dai bianchi pali. Uno di quei pali reggeva una piccola lanterna: entrambi fummo colpiti da quel debole lume smarrito come un simbolo nell’immensità delle acque.

Nella lontananza scorgevamo il profilo d’una catena di monti ancor tutti striati di neve; a oriente brillavano due fari corno stelle sorgenti dal mare; il cielo s’era fatto di viola, ma la laguna fiammeggiava ancora di chiarori biondi.

Dinanzi ai divini allettamenti della natura, nella quiete infinita e quasi sovrumana di quell’ora, mi