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minato da un solo, da un unico, ardente desiderio che tutte le altre impressioni vinceva imperioso: il desiderio di vederla, almeno una volta, di vederla, non foss’altro da lontano....

Gozzoli s’adirò, mi fece osservare che mi mancavano i mezzi per viaggiare, che, scoperto, avrei potuto essere, per mia madre, la cagione di molte amarezze, anzi dell’infelicità stessa, ch’ella non approverebbe certamente, che io agivo da fanciullo insensato...

Nulla valse a trattenermi. Accumulando sforzi e sacrifizii, misi da parte un gruzzolo di monete, andai a Torino, corsi nella via ov’ella dimorava, chiesi con mille precauzioni di lei...

Era partita per un lungo viaggio.

Un periodo di grande sconforto tenne dietro a quella grave delusione Mi sentivo affranto e inetto al lavoro: il mio maestro si lamentava con ragione di me, la mia salute cominciava a soffrirne.

Qualche mese appresso, Gozzoli mi pose in mano, non senza preamboli, questa lettera, che con reiterate preghiere (me lo disse poi), era riuscito a farmi scrivere da mia madre:


Caro Mariano,


«So che pensi a me e questo mi fa molto piacere. So anche che ameresti di vedermi ma, pur troppo, non è possibile. Di tanto in tanto ci scriveremo. Rivolgi le tue lettere ferme in posta alle iniziali A. A. N. 2000. Io ti risponderò