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fusa non v’era che una sola, lucida idea. Scomparire per sempre. Che cosa offriva a lei la vita, oltre il suo doloroso attaccamento alla famiglia Pallano? Nulla. Nessun uomo poteva piacerle dopo Lodovico; il matrimonio di ragione le faceva orrore; non aveva parenti, non aveva amici; la sua nobiltà d’animo, il suo carattere integro le alienavano tutti i corrotti compagni di servizio. Ella si sentiva sola al mondo. «Sola, sola, sola!» andava ripetendo fra se nello straziante dibattito del suo alterato cervello.

Dopo una lunga lotta, il sentimento cristiano prevalse sulla tentazione imperiosa. Sfinita, ella ritornò con passo lento alla villa, ma aveva appena varcato la porta di servizio, quando nell’atrio, scarsamente illuminato, le si drizzò dinanzi, tentando d’impedirle il passaggio, un giovine che da qualche giorno la veniva perseguitando con le sue sguaiate parole.

Era Cesarino, il nuovo ed elegante cameriere del conte, un mariuolo che si sforzava in tutto di imitare il suo padrone, che si riteneva autorizzato a succedergli anche nelle sue simpatie per la fanciulla.

Vedendola corrispondere anche quella sera con palese disprezzo alle sue audaci proposte, egli si irritò e le disse, perfidamente:

— Fai tutto bene, anche la commedia!..... È nel tuo impiego di..... vicecontessina che hai imparato la fierezza e la ritrosia?..... Gonzo chi ci crede!