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Trasportata con grandi riguardi a Villa Clara, mademoiselle Honorine faceva vita nella sua stanza, leggendo romanzi. Natalia ne teneva le veci, assiduamente, ma era cupa e sparuta in volto. Lodovico le si dimostrava riconoscente e riguardoso, per quanto glielo concedesse la sua posizione difficile; Alfonsina, ignara di tutto, non dava alcuna importanza alla presenza della cameriera e sempre gelida a suo riguardo, s’abbandonava collo sposo a tutte le bizze del suo temperamento di donna ricca e viziata. Pallano ne soffriva e cercava di trovarsi solo con la fanciulla per compensarla con qualche buona, consolante parola.
A Villa Clara tutto rammentava a Natalia le gioie del tempo passato e perduto per sempre, non v’era angolo o viale del parco che non avesse per lei delle care e innocenti ricordanze, e particolarmente quel muricciuolo della terrazza ove Lodovico le aveva gettato le corollette dei gelsomini, dicendole tante gentili cose. Ma come certe dimostrazioni di speciale benevolenza da parte del conte ripugnavano al suo animo onesto, così quelle memorie tanto dolci ancora nella loro infinita tristezza le sembravano un illecito conforto.
Nondimeno, ell’amava di cercare, tutte le sere nella solitudine del giardino un’ora di raccoglimento e di riposo; ella sedeva sul muricciuolo, contemplando la vasta pianura, la linea bianca del