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della simulata gelosia. Poi finì coll’evitare qualunque incontro con la fanciulla.

Una mattina, Natalia seppe in un negozio, da un fornitore della casa, che si trattava di dar moglie al conte Lodovico. Tornò in fretta, angustiata, palpitante, al palazzo, e come il postino le aveva consegnata una lettera nell’atrio, colse quell’occasione per portarla ella stessa nell’appartamentino del giovine signore.

Egli stava fumando dinanzi alla sua scrivania e quando vide, sul piccolo vassoio d’argento, la busta elegante con le cifre e una corona di marchese, arrossì. Ma Natalia si fece animo e gli chiese, senz’altro, se fosse vero quanto si narrava.

— Chi ti dice queste cose?...

— L’ho inteso fuori... mi dica, è vero? — ella ripetè tutta ansante.

— Quello che si racconta fuori è una ciarla, Natalì. Nessuno lo sa...

— Dunque...

— Sono i miei che lo desiderano...

— E... lei, conte Lodovico?...

— Finirò per arrendermi. Che vuoi, figliuola mia, avrei la guerra in casa. Non ti pare... che in fondo... faccia bene?...

— Fa benissimo — rispose la ragazza con una improvvisa calma.

— Sei un po’ gelosa, Natali?

— Io no! oh no! — mormorò ella con un filo di voce.