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Il giovine signore era sparato, annoiato e le disse soltanto:
— Vuoi prepararmi un buon thè caldo, Natalia?
— Come comanda, signorino.
Ma la voce era strozzata e egli riprese subito.
— Perchè piangi? che hai?
— Non ho nulla — disse la ragazza, scoppiando in un singhiozzo.
— Ti prego, Natalia, non farmi scene. Io le detesto le scene, lo sai.
La fanciulla era così avvezza a vincersi che seppe subito frenare le lagrime e, senza dir altro, s’avviò in punta di piedi verso la camera da pranzo per accendere una lampada e bollire l’acqua.
Egli la seguì a lento passo, s’abbandonò in un seggiolone dinanzi al caminetto ove finiva di consumarsi un grosso tronco di querciuolo del giorno addietro.
Natalia gli offerse macchinalmente un astuccio di sigarette e gli accese un fiammifero, poi stette immobile, dinanzi al tavolino di lacca cinese, con gli occhi fissi sul bricco ove l’acqua cominciava a gorgogliare.
Di solito, quando erano soli, Lodovico l’invitava a sedere, ma quella volta non fiatò.
Egli si mostrava molto stanco e infastidito e il suo volto così baldo un giorno di gagliarda giovinezza, portava le tracce visibili d’una vita sregolata.
Nondimeno il suo sguardo si fermò, con quel-
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