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per la quale l’intermittente ritorno di Lodovico alle antiche, amichevoli abitudini non poteva più darle che uno scarso, incompleto conforto.

Egli la cercava di quando in quando, nei silenzi del giardino a Villa Clara o al solito posto sulla terrazza, egli sentiva ancora il bisogno di certe effusioni dell’animo per le quali la fanciulla soleva essere una piacevole confidente, nè aveva cessato di rivolgerle, se per caso la incontrava, quegli sguardi in cui tanta segreta tenerezza pareva racchiusa. Ma queste dimostrazioni andarono gradatamente scemando, per l’abile sorveglianza della madre, e colla freddezza crebbe un senso d’imbarazzo cruccioso che il giovine non fu più capace di dissimulare.

Nell’inverno, per distrarsi, egli si diede a una vita ancor più brillante e più leggera del solito. Natalia sola sapeva l’ora in cui Lodovico rincasava; spesse volte, per compiacere al suo egoismo, ella s’era fatta sua umile complice dinanzi alla contessa nel segreto di quelle notti perdute; ma il suo cuore sanguinava e si struggeva d’una impotente gelosia. Mai ell’aveva osato attribuire a se stessa il diritto d’esigere la fedeltà.

Una mattina di gennaio il conte Pallano tornò a casa verso le quattro, e passando dinanzi alla cameretta di Natalia e scorgendo un po’ di luce dallo spiraglio dell’uscio, la chiamò.

La povera fanciulla vegliava spesso, tendendo l’orecchio ad ogni piccolo rumore che potesse darle speranza del suo ritorno.