Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/96

90 carlo troya


dire. Ma oggi si vedrá che nei campi di Val di Nievole i fedeli del sacro imperio pugnano col ferro, e non con le fraudi o coi denari dei fiorentini. Quel Roberto, cui si dieder costoro, ha Tanimo piú da sacerdote che da guerriero: né attenta di venirne in campo contro di voi, seduto a consiglio per veder modi onde vi nuocciano i processi e gli sdegni della corte avignonese. Noi zelatori della fede cattolica ei si pensa di offendere, dandoci la mala voce che siamo eretici; sol perché dalla Chiesa distinguiamo l’imperio, e che sotto le leggi di questo vogliamo una e forte la parte dei ghibellini. Pur egli e i principi della sua casa di Francia tengono schiava in Avignone la Chiesa di Dio, e non soffrono la libera elezione del papa. E Roberto preme il soglio di Corradino, crudelmente ucciso in sul fior dell’etá; di Corradino, immortale onore della casa di Svevia, il nome del quale ci sará sempre caro ed acerbo. Filippo e Carlo di Taranto, inviliti fra le delizie, male ora discendono a combatter coloro che ridussero al nulla i nemici del popolo pisano; a coloro i quali benché privati dell’alto imperatore Arrigo VII pure hanno ripreso le castella perdute giá pel tradimento del conte Ugolino: a coloro infine che han conquistato Lucca superba, ove per farvi la guerra si era nascosto ampio tesoro. Ferite, dunque, o ghibellini, ferite; vendicate il sangue di Corradino, ed in quello della plebe dei guelfi spegnete la loro codarda gioia per la morte del glorioso Arrigo di Lucemburgo. —

In tal modo Uguccione inanimiva i suoi, discorrendo le file. In ultimo, levato alto il suo cappello di ferro, ei diede il segno della battaglia. Fiacco riparo fu ai guelfi la Nievole contro l’impeto degli assalitori; Francesco della Faggiola, podestá di Lucca, urtò si fattamente le schiere degli avversari che al primo sforzo le ruppe: ma ferito a morte spirò a mezzo della vittoria. E giá per questo indietreggiavano i vincitori, allorché Uguccione, stretto in cuore il dolore, accorse giganteggiando, e tutti nel suo passare mettendo in fuga e in iscompiglio i nemici. Pietro di Angiò, Carlo di Taranto, e i primi fra i guelfi giacquero svenati sul campo; i piú, cacciati nelle