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del veltro allegorico di dante 89


stoia. L’arrivo a Firenze di Filippo principe di Taranto e di messer Piero di Angiò, fratelli del re Roberto, rinfrancò nei guelfi l’ardire. E giá in Pisa i meno animosi accendevansi del desiderio di venire agli accordi col re, quando il Faggioiano tornato in cittá dall’esercito con insigne orazione fugò le paure dal cuore dei ghibellini, e gl’invaghí del desiderio di gloria. Severo motto ei fece ai pisani dei suoi dispendi a prò della loro causa: non era stato egli che avesse cercato di venire a Pisa da Genova, cittá nobilissima: tutte le rendite del suo slato faggioiano avea giá egli collocato nelle spese della guerra; il suo fratello Federigo della Faggiola, divenuto abate di Santa Maria del Trivio di Monte Coronaro, dalla sua solitudine inviavagli denari del monistero, e si vedea costretto fino a tome in prestanza. Dei quali denari per veritá leggevansi non ha guari le scritte, oggi disperse o consumate dal fuoco. Gridarono i ghibellini, doversi continuare la guerra, doversi fare il piacere del Faggioiano. Ed ei numerò gli amici, e raccolse gli aiuti, e fattane rassegna, conobbe di avere ventimila fanti e duemila cinquecento cavalli. Di questi Matteo Visconti e gii aretini aveano inviato buon numero; i Buonaccolsi e Can della Scala soli cento fra mantovani e veronesi. Gli esuli bianchi sommarono a piú che seicento: egli è incerto se l’Alighieri fosse tra essi. Castruccio Castracani guidava per la prima volta i lucchesi a combattere contro i guelfi; e Ranieri della Gherardesca, zio del conte Gaddo di Donoratico, facea nuovamente ncH’esercito primeggiare fra i capitani di Pisa il nome giá si abborrito del conte Ugolino. Ma nell’altro campo di gran lunga era maggiore l’esercito del principe di Taranto e dei fiorentini: quei di Bologna, di Siena, di Gubbio, di Perugia, di Cittá di Castello vi accorsero: Carlo, figlio del principe, orgoglioso esultava per la sperata vittoria. Infine i nemici scontraronsi, non piú divisi che dalla Nievole. Uguccione, veggendo i suoi cosi pochi al paragone dell’inimico, con questi detti ristorò il loro coraggio:

— I guelfi che vi stanno a fronte, o soldati, vi sopravanzano tanto per numero, quanto vi cedono in virtú ed in ar-