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svelarsi (Purg. XXXIII, 50). Anzi, alla foggia dell’Apocalisse, taceva Dante fino la parola di capitano, e non in altro modo profferivala che per numeri (ibid. 43). Ammaestrato dalle sciagure, bene l’Alighieri nascondeva con sottili precauzioni le sue speranze novelle, quando, verso la fine del 1314, terminava il suo Purgatorio. Né si ha notizia che avess’egli cangiato l’antico proponimento di dedicarlo a Moroello Malaspina, figlio di Franceschino; al quale Moroello potè agevolmente inviare nella prossima Lunigiatia una cantica, immortale testimonio del grato animo suo. Con questa seconda cantica cessano affatto le rimembranze istoriche di ogni avvenimento qualunque dopo il 1314, la terza del Paradiso essendo quella cui le affidò l’Alighieri: ciò che innanzi tratto era necessario di avvertire.

XLVIII. Cotanto amico qual egli era di Uguccione della Faggiola e tenero della sua gloria ed avverso alla casa francese preponderante in Italia, l’Alighieri spiacque infine a Roberto (1315). Mancato Arrigo VII, non avea piú il monarca di Napoli pensato a coloro che un di abbracciarono le parti di quello, vuoi con le armi, vuoi con gli scritti: ma quando egli vide che l’autor dell’Inferno e del Purgatorio vivea vicino all’odiato Uguccione, fe’ rinnovar le minacce di morte pronunziate giá da Cante Gabrielli: ciò che fu eseguito nel nuovo anno 1315 da messer Zaccaria di Orvieto, suo regio vicario in Firenze. Della qual cosa Dante, il quale avea cominciato il suo Paradiso, presto si vendicò nel famoso racconto in cui strinse la storia romana (Parad’. VI), ed ove, scorgendo la virtú del Faggiolano, esaltava la possanza, che quegli avea rinverdito, dei ghibellini. Or bene costoro, minaccioso scrivea l’Alighieri, trassero il vello a piú alto leone che non è la famiglia francese di Napoli (ibid. 106-108); e non è lungi un’Arbia novella. E tosto, disdegnando le persecuzioni e le sentenze di Roberto, il chiamò re da sermone (Parad’. VIII, 147). Ma giá il veltro ed il capitano apprestavasi a compire questo presagio. Impadronitosi Uguccione dei piú forti castelli guelfi, pose l’oste in vai di Nievole a Monte Catini fra Lucca e Pi-