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rella... che, minore per anni d’altri due parimenti di me piú giovani, vinse tutte per le grandi prove che mi die’ sempre, e piú nella circostanza della prigionia, di sviscerato amor fraterno» (»). Eduardo Fabbri aveva avuto cariche ed uffici diversi durante il periodo repubblicano ed il napoleonico, ultimi dei quali quelli di colonnello comandante la guardia nazionale di Cesena dal maggio 1812, di viceprefetto del ginnasio di Cesena dal gennaio dell’anno seguente, e di viceprefetto della sua cittá durante il breve periodo del tentativo di riscossa nazionale di Gioacchino Murat. Arrestato dalla polizia pontificia piú perché questo suo passato poteva giustificare ogni sospetto ed ogni denunzia di confidenti che per azione svolta contro il governo dopo la restaurazione, se almeno vogliamo credere al Fabbri stesso, arrestato proprio nella casa della sorella Margherita, veniva liberato il 26 febbraio del 31, dopo che appena erano incominciate le agitazioni ed i moti liberali di quell’anno in Emilia, in Romagna ed in cittá d’altre regioni dello stato pontificio. Accolto con attestazioni di grande affetto da tutti i luoghi di Romagna per cui passava nel ritorno dalla prigionia, era nominato dal governo delle Provincie unite viceprefetto di Cesena il 16 marzo, dopo ch’egli aveva rinunziato alla nomina di prefetto d’Ancona. Il Fabbri dice che «dal 21 di marzo al 16 di luglio, in che gli austriaci lasciarono le legazioni, ove tutto quel tempo rimasero in occupazione, il governo di questo paese (la Romagna) fu tedesco papale rivoluzionario. I delegati, prèsidi delle provincie romagnole, erano pontifici; gli atti si facevano tutti in nome del papa; le finanze servivano a pagar gli stranieri, che aveano la polizia; l’ordine interno era mantenuto da forza cittadina, che costantemente negava di usare le insegne del principe e del governo» U). Il Fabbri invitato dalla magistratura cittadina e dal governatore pontificio ad assumere il comando della guardia urbana rifiutava, ed il 16 luglio sconsigliava l’inizio di moti rivoluzionari in Cesena; a proposito di tal sua condotta egli scrive: «Del mio contegno ebbi elogi non cercati dalle autoritá pontificie, ma dichiarai apertissimamente che io non avea inteso altro che di servire il mio paese, e che quegli elogi non mi apparte(1) E. Fabbri, Sei anni e due mesi delia mia vita, a cura di Nazzareno Trovanelli, Roma, Bontempelli, 1915, p. 4S. (2) lbid., p. 263 e seg.