Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/392

386 CARLO TROYA hospites Io dovevano riscuotere per la nazione, tali non potevano essere i privati, ma alcuni capi od ufficiali longobardi a cui i vinti sarebbero stati assoggettati come ad ospiti: forse i gastaldi, la cui radice gast ricorda appunto V hospes». L’uso della legge romana che «si sa positivamente» essere stata presso i vinti nei rapporti fra loro, «è una prova di libertá»; e lo Schupfer è convinto che questi vinti «tranne la dipendenza», che egli ammette, «in faccia al diritto pubblico..., nel resto hanno conservata intera la loro condizione di uomini liberi». Non sopravvisse il municipio, ma neppure vuol asserire lo Schupfer «che siano stati messi a parte della cittadinanza dei vincitori. Certamente la esistenza politica di questi vinti non fu quella dei longobardi», il re dei quali mantenne i diritti che avevano avuto gli imperatori, si che la condizione politica loro si conservò pressapoco com’era stata sotto l’impero. Essi erano sudditi, non cittadini, perché tali nel vero senso della parola erano solo i longobardi; potranno essere stati oppressi (e Paolo Diacono ciò nega) «ma ad ogni modo la libertá fu salva»(*). Chi piú s’è accostato all’opinione del Troya, ed anzi, come ha notato il Romano( 2 ) «è (stato) anche piú reciso» dello storico napoletano giudicando del modo severo con cui i longobardi si sarebbero comportati verso i soggetti, fu l’Hartmann ( 3 ). Ed infatti questi afferma che i longobardi trattarono i romani come cosa di conquista, che i vinti furono espropriati dei beni propri, ed i coloni, i soli risparmiati, con i servi, nelle campagne, diedero ai longobardi quei tributi che prima avevano dati ai romani; come nelle cittá una parte della popolazione operaia, la sola risparmiata insieme cogli schiavi, divenne tributaria dei longobardi, come lo era stata dei romani ( 4 ).

(1) Le idee dello Schupfer furono sostanzialmente accolte dal Crivellucci ( Le chiese cattoliche e i longobardi ariani in Italia, in Studi storici, IV, 405), il quale dice che i vinti romani perdettero «il beneficio maggiore che un popolo possa avere, l’uguaglianza civile e politica», ma che materialmente, dopo le prime spogliazioni che colpirono soltanto la vecchia nobiltá e i ricchi, «si ha ragione di credere che in paragone del governo greco, se ne avvantaggiassero». (2) G. Romano, Le dominazioni barbariche in Italia (395-1024), 1. Ili, c. Ili, Milano, F. Vallardi. (3) Hartmann, Geschichte Italiens, II.

(4) All’Hartmann fa diverse osservazioni il Cipolla (Cipolla C., Della supposta fusione degli italiani coi germani nei primi secoli del medioevo, in Rend. della R. Acc. dei Lincei, s. V, voi. IX, f. 5, 6 e seg.). Il quale trova una contraddi-