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pulí tatnen, ecc., nell’interpretazione del Troya, non abbia trovato fortuna neppure in Napoli, né presso un savio pensatore, Luigi Blanc», né presso Antonio Ranieri, che nel libro Istoria d’Italia da Teodosio a Carlotnagno, «acremente propugnò l’interpretazione contraria» (1). Egli non vuole «argomentare ad un tratto un’assoluta diversitá d’origine dall’essere i goti e pressoché tutti i primi invasori (come opina molto ragionevolmente il Troya) a noi venuti di verso l’Asia per dritto cammino, laddove sappiamo per certo, che i longobardi, popolo allatto settentrionale, ben cinque secoli innanzi l’entrata loro in Italia ebbero stanza presso il Baltico...», Invero le violenze con cui i longobardi nei primi anni si procacciarono terre a sufficienza costituirono un modo insolito d’imporre il terzo, modo che dovette tornare «agl’ italiani piú duro, e altresí rendere meno intrinseca la mescolanza de’ popoli». Il Capponi non accetta la lezione patiuntur del Troya. Crede anzi che nella restaurazione del regno, le condizioni dei romani «in qualche modo si avvantaggiassero». I longobardi divisero fra sé le possessioni degli italiani e questi furono assegnati a ciascun individuo o a ciascuna famiglia o a ciascuna tribú, «fuori di ogni comunanza legale con la nazione dominatrice». Mancarono «le istituzioni fondamentali capaci di confondere il nuovo popolo coll’antico». E poiché durante il dominio longobardo «la vita pubblica della nazione italiana fu tutta estinta... sarebbe da considerare solamente quali fossero le condizioni del vivere materiale». Dice il Capponi che «il destino dei tributari dipendeva per la maggior parte dalla benignitá de’ signori», e non crede «che dopo cessate le prime furie della invasione, i longobardi si comportassero molto aspramente cogl’italiani; e quella noncuranza di loro che apparisce dalle leggi» è per lui «indizio d’un popolo semplice, non addottrinato nelle finezze politiche; d’un popolo che non sa pacatamente ed a bell’agio sfruttare la possessione, e che non sa mantenersela». A lui i longobardi appariscono come una razza di valorosi, ma trascurati ed iinprovidi; feroci talvolta ma non pensatamente crudeli». E «per l’andamento naturale delle cose, non pochi» dei tributari «pigliarono qualitá di livellari, come portava la convenienza o la benignitá de’ padroni: di modo che i (1) Delle interpretazioni del passo di Paolo da parte del Troya parliamo anche piú avanti a proposito del Discorso del Manzoni. Il Troya ne tratta ai paragrafi XLV e CCLXXXVI e segg. del suo Discorso.