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Un lavoro volto a far ricordare il Veltro del Troya fu anche quello del Bassermann, Dantes Spuren in Italien, in cui piú d’una opinione particolare dello storico napoletano viene accolta, e nel quale pare che il Bassermann sia stato mosso da certa affinitá di riflessione e di convincimento col Troya («). A questo, poi, non poco si andarono accostando, per la questione cronologica della composizione della Divina Commedia, questione di importanza essenziale anche per le altre tesi sostenute dal Troya, diversi studiosi del secolo attuale; cosi il Barbi ritiene che VInferno fosse ormai composto (non pubblicato, però) nel 1308, ammettendo che due soli passi siano stati aggiunti posteriormente (quello del canto XXVIII vv. 75-90, e quello del XIX vv. 79-87), e pone la fine della composizione del Purgatorio nella seconda metá del 1314 (*). Ed in gran parte s’accorda col e anche a Firenze), commenta il Cian: «Tutto è possibile nel mondo degli enigmi: senonché il personaggio misterioso era straordinario e doveva balzare sulla scena in modo eccezionale e operare con mezzi rivoluzionari, come quelli accennati nei versi in esaltazione di Cangrande (Parati. XVII, 89-90). Altro che venire al mondo della politica con votazione regolare!».

(1) Il Bassermann scrive che Dante, insieme a molti altri libri «uno soprattutto ne ha avuto dinanzi, in cui egli continuamente ha letto, il libro della natura. L’autoritá del quale noi possiamo fiduciosamente collocare accanto a quella degli archivi e delle biblic.teche». (Dantes Spuren in Italien, YVanderungen und Untersuchungen von A. B. Ideine Ausgabe. Munchen und Leipzig, 1898. L’opera fu tradotta in italiano da E. Gorra, Bologna, Zanichelli, 1902). Si veda ciò che il Troya dice nelle lettere da noi citate al principio della presente Nota. Vittorio Rossi, nella recensione che dell’opera del Bassermann ha fatto (Bull, della Soc. Dant.lt., N. S., v. V), rimprovera al Bassermann d’aver rinfrescato «una vecchia fantasia del Troya e del Balbo, quando immagina che all’assedio di Caprona (1289) Dante apprendesse da Nino Visconti la storia miseranda del conte Ugolino e riporta a quel tempo il primo abbozzo dell’episodio famoso»: e notando come la critica dantesca «dopo le eccessive negazioni, pare ritinti i giá vietati confini del romanzo biografico», dice: «...ben venga il romanzo biografico, dacché, come fu iricfragabiimente dimostrato, una biografia di Dante fondata su basi obbiettivamente sicure sará impossibile farla; ben venga e sia sintesi disegnata con tocco delicato, di tanti studi belli e profittevoli compiutisi in questi ultimi decenni, sia esposizione víva, sobiia ed efficace di quanto giudichiamo vero n "i enti’ di questo scorcio di secolo. Probabilmente i futuri terranno diversa sentenza in ciò thè si attiene ai fatti particolari della biografia del poeta, ma il nostro «romanzo» avrá sul vecchio romanzo architettato dal Troya e dal Balbo e dalla nostra etá quasi distrutto, il vantaggio di rendere un’ immagine del poeta tanto piú fedele e compiuta quanto piú oggi sono progrediti gli studi sulla vita e sulla cultura medievali». (2) Recensione del Dante dello Zingarelli, Bull, della Soc. Dant. II., N. S., XI.