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mi mandano articoli stampati per la posta, senza dirmisi da chi: e uno fra gli altri me n’è venuto da Fossombrone. De Cesare, nel Progresso pubblica un altro articolo per dire che il veltro fu papa Benedetto, il quale campò nove mesi nel papato, e mori quattro anni prima di fra Dolcino, mancato nel I 3°7 e nominato da Dante nell’ Inferno. L’ Inferno dunque non era pubblicato nel 1307, e quel povero papa era morto: egli nondimeno dava le speranze a Dante d’aver a salvare l’umile Italia! Altre cose si scrivono in Germania su questo povero veltro, alle quali non risponderò se non nel caso che io faccia una seconda edizione del Veltro. L’avvocato e prof. Venturi, come voi mi scriveste, avrá voluto dare per falsa la lettera di frate Ilario. Tal sia di lui e della sua lettera ilariana. Se volessi andare dietro alla naturale curiositá, vi chiederei che cosa ha detto quel professore; ma non vel chieggo e non me ne importa nulla, perché, quando abbia sottilmente dimostrata falsa la lettera, non per questo potrá dimostrar falso il racconto del Boccaccio, che dice ad un bel circa le stesse cose della lettera: e, se potrá dimostrarlo falso, tanto meglio. In mezzo a tutto questo, l’abate Guido Paggetti da Scavola nel Monte Feltro, mi ha scritto alcune sensate osservazioni, dicendo che la Faggiola di Uguccione non è quella da me visitata, ma un’altra, un dodici miglia piú verso la Toscana.

Ciò può stare; ma egli, che promette dimostrarlo, ancora non lo ha dimostrato. Intanto siamo in corrispondenza di lettere. È un uomo dotto e di proposito, sdegnatissimo contro Repetti, che nel Dizionario geografico di Toscana ha trasportata la Faggiola in Toscana: ciò che farebbe cadere la spiegazione tra Feltro e Feltro. Io ignorava questa nuova opinione di Repetti, che prima era tutto dalla mia; e Paggetti è stato quello che me ne ha fatto parola... (*) Napoli, 24 settembre 1842.

(1) Nella lettera (38) del 25 del 1843 da Napoli, si giustifica della negligenza che dimostra nello scrivere agli amici: «Quando si ha sulle braccia una doppia stampa con due diversi caratteri, cioè due tomi, uno d’indici, l’altro di tavola cronologica, con un subisso di citazioni degli autori, non si ha tempo di scriver lettere.»