Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/339

XXXVII

Amica carissima, Mi si presenta l’opportunitá d’Augusto Marchetti, che ho pregato di parlarvi di me e delle cose mie, e che vi recherá il libro degli Offici di Cicerone. II quarto tomo procede verso il suo termine: prima della mia venuta a Roma, spero di dare almeno un quaderno di dieci fogli della storia propria d’Italia, cioè di Odoacre e di Teodorico, e ciò per mostrare che finalmente siamo giunti alla storia propria d’Italia. Allora permetterò a tutti di credere che, invece d’una storia da me promessa, io ne abbia composte due, cioè la giá pubblicata e l’altra che ormai si saranno persuasi essere nei miei studi: la qual cosa negavasi da molti. Prima negavano che vi fosse una storia qualunque in tali miei studi; poi dissero che non v’era quella d’Italia; ma solo dei popoli barbari. Oramai credo che il discorso intorno a’ longobardi avrá fatto cadere ancor questo dubbio. Del rimanente, mia cara amica, sareste meravigliata se or mi vedeste quale son divenuto; indifferente, cioè, a tutto quello che può dirsi di male o di bene intorno a tali miei studi e desideroso piú di nasconderli che di pubblicarli. Quel Rocco di cui vi ho mandato il libro..., lo ha mandato a M. Portalis, primo presidente della cassazione di Francia. Ora M. Portalis ne ha fatto un magnifico e pomposo elogio, che han ripetuto o fatto ripetere in tutti i fogli d’Europa, essendo i signori Rocco gente accorta ed efficace. Vedrete in breve costui nominato a socio dell’accademia in Francia. Queste cose vi dico per dare una qualche autoritá a’detti del Rocco... Ve lo dico altresí per additarvi uno dei modi presenti a venire in fama, da’ quali abborrisce l’animo mio. Sono modi onesti e leali, ma io non voglio usarne, perché pretendo educarmi (anzi di essermi giá educato) a vivere ed a studiare senza informarmi di ciò che ne dicono gli altri. Ora mi tormentano col veltro: