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XXIX

Mia cara amica, Prima d’ogni altra cosa, permettetemi di parlare di un dolore acerbissimo, d’un dolore massimo da me sofferto, ed è quello della morte repentina del mio caro don Luigi Galanti, avvenuta nel terzo o nel quarto giorno della sua villeggiatura in Capodichino. Sará ben difficile di trovare un uomo che abbia tante e cosi amabili qualitá; ed è impossibile per me di avere un amico simile a quello che ho perduto. È tanto piú deplorabile per me questa perdita quanto piú egli aveva preso a cuore d’aiutarmi nella stampa della mia opera; e mi andava dicendo tutto di ch’egli sarebbe morto dinnanzi di vederla pubblicata! Ilo dovuto sostenere in questi giorni, e dovrò sostenere ancora molte battaglie, per far rispettare le sue ultime volontá; né so se vi si potrá pienamente riuscire, perché del suo testamento dettato dall’uomo virtuoso e dall’uomo di lettere possono fare malgoverno forse gli eredi avidissimi ed ignorantissimi e presuntuosissimi. Or vedete il mio bel guadagno! Invece del conforto che mi recava per la stampa il mio amico, eccomi a consultare avvocati e magistrati, ed a fare quello che piú ripugna all’animo mio. Ma cosi va la cosa; ed io non posso tralasciare di fare per l’amico defunto quello che avrei fatto pel vivo.

Finalmente, con un coraggio da leone, vado superando le difficoltá, ed ecco giá stampato il primo libro, che è di cinque fogli di carattere serrato, come dicevo, in ottavo, alla francese. Grande argomento è stato per me questo primo libro di affanni e di fatiche: egli è un libro affatto nuovo, e che non vi era quando voi leggeste una parte del mio manoscritto in