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La mia avversione per le traduzioni è tutta personale, ma comprendo la difficoltá di ben tradurre e non ho mai negata la lode ai buoni traduttori. Del rimanente, chi ha del suo fa meglio a non tradurre l’altrui; e voi avrete piú fama certamente dalle vostre Vite, che dalle vostre traduzioni. Ma non parmi che abbiate spesa la vita in pubblicar traduzioni; e, se vi fosse piaciuto di tradurre le egloghe di Dante, avreste fatta certamente una cosa nuova. Una lettera di Fracastoro sará senza dubbio assai piú elegante di un’egloga scritta, in latino bastantemente barbaro, dall’Alighieri: pur, la fama di Dante avrebbe data celebritá maggiore al vostro lavoro. Ma, in queste cose, bisogna seguitare il proprio genio. E giacché siete sul Fracastoro, leggete, vi prego, l’ammirabile poema di Sifillide. Virgilio non ha niente di piú caro e di piú poetico: leggete le belle cose che sa dirvi quel Fracastoro sulle caverne dove le ninfe trattano il mercurio, e rammentatevi del vostro amico, suddito di quelle ninfe.

Addio, mia buon’amica: i miei saluti a don Giovanni ed a tutti gli amici: si sono stampate le correzioni della Marcella, con due parole di scusa.

Di Eduardo non mi avete detto piú nulla: salutate lui e vostra sorella affettuosamente in mio nome. Gran piacere mi ha fatto il sentir da Liberatore che mr. Mai aveva gradito molto la Marcella-, egli è stato in Napoli per quindici giorni; ha chiesto con premura di me, che gli avrei parlato della Marcella; ma la persona incaricata di dirmelo, non ne ha fatto niente. Addio (0. Napoli, 13 settembre 1832.

(1) Nella lettera (21) del 24 maggio 1S33 da Napoli, parla dei due primi libri della Storia. Dice anche: «Ho terminato di leggere il Botta: in generale, i primi volumi sono di maggior pregio che non gli ultimi. Vi ha troppo di faccende guerresche in tutta l’opera, ma la grazia di colui è grande.» In quella del io dicembre 1833 pure da Napoli (22) dá poche notizie, giá date anche altrove, intorno alla Storia, e parla della salute propria e della madre.