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XVII

Mia buona amica, Sono stato colpevole sommamente in non avervi scritto per molti giorni, ma non sono stato bene, con quei soliti miei fastidi emorroidali; è stata pessima la stagione, l’umore arcipessimo. Ho ricevuta la procura e darò subito corso all’affare. Non rispondo oggi a tre lettere vostre, perché debbo dirvi una quantitá infinita di cose, che oggi non ho forza di dire. Alcune di queste scriverò a Condoli, nella prossima settimana, e vi prego di avvertirlo che mandi per le lettere alla posta. La Marcella è stampata: ne riceverete copie sessanta, due delle quali legate in vitellino: partiranno con Anpisani lunedi, raccomandata alla principessina di Cursi, sorella del vostro principe Lancellotti, ed alla contessa Riario Nugent, cugina della principessa Lancellotti. Molto mi è piaciuta la vostra traduzione, ma non vorrei che, in qualunque altra scrittura, fosse quello il vostro stile, che veramente non è quello. In un brano di antico filosofo, mi piace, si, quella pompa e quella solennitá e, ardisco dire, quella difficoltá di stile: cose tutte, che, in ogni altra maniera di scrittura, possono dispiacere. Avete detto benissimo, ed indovinato a meraviglia, quello che avete detto della brigata dei nostri puristi, che sono tutti ai vostri piedi. Enrichetta pensa come voi pensate di quei puristi, che le vengono tutto giorno fra’piedi: e però, non a Liberatore, ma a lei ho comunicato il saporitissimo luogo della vostra lettera, nel quale mi parlate di essi. La stampa e legatura della Marcella importano scudi quattro, che ho passati a Liberatore: cosi rimango discaricato dei sette paoli e mezzo, dovuti da me per la camera Negroniana, e debbo dar conto dei ducati trenta, ricevuti da Guaina per conto vostro. Abbiamo nel Progresso appiccato un sonagliuzzo alla Marcella, una nota, cioè,