Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/31


del veltro allegorico di dante 25


moglie Gemma Donati cugina di messer Corso: feconde nozze, ma non esenti da risse. Nella stagione stessa, verso la fine del 1291, è da credere che cominciasse l’Alighieri a meditare il poema che in principio dettò in lingua latina: ma la sua vita pubblica e il suo frequente adoprare nei consigli ovvero nelle ambascerie della cittá sospesero i suoi studi primieri.

Questo anno fu l’ultimo al giovinetto Alfonso re di Aragona, ed a Rodolfo imperatore: la morte di costui si poco vivo negli affari d’Italia non vi produsse alcun cangiamento: ma quella dell’altro fu cagione di grandi moti nella Sicilia. Dante rimpianse Alfonso, e sembrogli che avess’egli onorato del pari così l’Aragona che la Sicilia (Purg. Ili, 116). Dei due fratelli di Alfonso, Giacomo passò in Aragona e Federigo fu lasciato a governare l’isola, in nome di Giacomo: Federigo, non meno che Uguccione della Faggiola, in quei giorni superba speranza dei ghibellini. Non piú inimico di Arezzo, pei patti giurati a Galasso di Monte Feltro, non lasciava ignorare il Faggiolano ai guelfi ed all’Alighieri quanto egli avrebbe potuto divenir molesto a Firenze: ma giá nasceva colui che sventurati entrambi gli avrebbe dovuto albergare.

Poche famiglie giunsero a tanta grandezza quanto quella di tal fanciullo: di poche i cominciamenti sono piú incerti e peggio descritte le geste. Can Grande della Scala era il fanciullo: suo padre Alberto ebbe inoltre Bartolommeo ed Alboino e Giuseppe illegittimo, ch’ei fe’ abate di San Zeno in Verona. Regnò Alberto dopo Mastino col titolo di podestá e capitano, e l’adulazione abbellí di fausti presagi la culla di Cane. Michele Scoto, vecchio medico ed astrologo di Federigo II, avea profferito brevi ed oscure parole intorno a non si sa quale battaglia ed a quale piccolo Can di Verona. Giovanni Villani conservò queste parole prive affatto di giudizio e di senso (libr. X, cap. 101). Nondimeno valsero queste a persuadere appo il volgo che Cane avrebbe dovuto impadronirsi di Padova. Morí lo Scoto nell’anno istesso in cui Cane venne alla luce: Dante il reputa dei piú valenti fra i mentitori e il caccia in inferno cogl’indovini (Inf. XIX, 122). Mentre questo Cane