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caos, sulla creazione, sulla fede con la quale sogliono predicare le loro nuove religioni politiche. Vorrebbe questa gente giovine d’oggidi farla da gente ispirata e sacerdotale: son tutti preti costoro e parlano come preti di questa loro religione fantastica: martirio, si, martirio esser vuole, se si crede a quell’italiano o tedesco: ed egli è pronto al martirio e si morrá per la fede. Per ora, non si tratta, nell’articolo, d’altra fede se non di quella che si dee avere nel dramma storico e massimamente nel Don Carlos del Schiller. Ecco le ultime parole di questo notabile scritto: «Il diametro della nuova sfera drammatica tocchi il passato con una delle due estremitá, l’avvenire coll’altra: a questi segni la giovine Europa riconoscerá il suo poeta: questi (avea giá detto) questi è l’eletto della creazione!». Nulla di piú facile che il trovar questo diametro, ed ormai che cosa manca per essere l’eletto della creazione? Toccar il passato ed il futuro! Il futuro s’intende giá, o la futura religione politica di questi preti, o un grande e bel nulla. Oh, Condoli, oh, Bonetti, oh, Galluppi! Non sono essi giá nominati nell’articolo, ma qual sacro disprezzo, qual santa rabbia non ha l’autor dell’articolo contro chiunque possa rassomigliare a questi uomini? Anch’io, credo, ricevo qualche buona lezione storica, senza essere nominato... E qual secolo, egli dice, qual secolo è il nostro? È quello di una filosofia sensualista di tre secoli addietro; il secolo delle storie letterarie come Tiraboschi (povero Tiraboschi!); è il secolo delle storie civili come tanti che io non vo’ nominare; è il secolo della poesia come quella dei cronisti ritmici del medio evo. Siamo insomma, ei conchiude «nella spera nuda e gretta dei fatti!». E questo, senza fallo, è il peccato del Tiraboschi. Ed in vero, non sarebbe assai piú utile al genere umano, piú assai confortevole, il cantare le bellezze morali del suicidio e della disperazione? Sempre impiccarsi in versi? E nell’impiccagione trovare il criterio, se non del vero almeno del probabile? Ma oramai si lascino queste inezie, delle quali, amica mia, ben dovete essere stufa, se pur non siete divenuta romantica, e buia ed incomprensibile come un romantico.