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XIV

Carissima amica, Ricevo quest’oggi la vostra del 28 gennaio, nella quale mi proponete l’onesto mezzo, che io approvo, di potervi scrivere, parlandovi senza piú delle cose nostre. Or dunque sono a voi, ed entro in materia. Farò leggere al mio Galanti le cose che mi dite per lui, e son sicuro che gli faranno molto piacere. Anch’egli aspettava con impazienza di sapere se avevate ricevuta la prolusione di Galluppi. Giá vedete in qual modo io parli di voi cogli amici miei: voi non lo meritereste per la vostra cattiveria, ma io cosi fo come vi ho detto; e non potrei anche se volessi, non far cosi. Mi fate arrabbiare, ma debbo stimarvi. Quando io sono in mal punto partito di Roma, vi ho lasciata immersa in mille guai, che sono andati di mano in mano crescendo...

La vostra vita veramente teneva molto del prosaico, ed, in un altro significato, poteva credersi appartenente al «classicismo», essendo una vita, che si comprendeva, d’una madre tutta occupata della famiglia e stando giorno e notte vicino al letto della povera Linetta (di cui, anche per farmi rabbia, non mi dite che sia bella e guarita). Ora è possibile che siate, anche, in mezzo ai guai divenuta un poco «romantica», e però incomprensibile: ma forse m’inganno. Vi dico questo, perché ho la mente piena di un secondo articolo sul dramma storico, inserito nel numero 130 dell’ Antologia y e sottoscritto da uno che vuol essere chiamato «un italiano». Meglio avrebbe sottoscritto dicendo che egli è «un tedesco». Italiano o tedesco che sia, Dio mi deve aiutare s’egli non è Alessandro Poerio. Son tenebre da disgradarne quelle dello stesso Niebuhr: io mi perdo su questo turbine orribile di paroioni sull’istinto, sul