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una favola di La Fontaine, e lo scrivere alcun pezzettino di prosa. Inviatemi, ve ne prego, inviatemi un brano di prosa: e sia ciò che oggi direbbesi un «ritratto» di vostro fratello. Non vi chieggo piú che una pagina sola. Giá mi diceste la gentil cagione, per cui vorreste recare nel nostro volgare le migliori cose del carissimo La Fontaine. Qui vi sprona l’amicizia che avete per la madre dei giovinetti, ai quali volete far dono del vostro volgarizzamento: l’amicizia che avete per vostro fratello sia pungolo per costringervi alla fatica, della quale io vi parlo.

Nell’ultima lettera io dimenticai di dirvi che avea giá letto il foglio di La Martine. Porta la data del 12 gennaio 1825 e di Lucca; e quindi egli ha finto di averlo stampato innanzi al duello. Se ne avrò l’opportunitá fra qualche giorno, e se voi non avrete giá letto quello scritto, io ve lo potrò inviare. Dice le solite cose, che i suoi versi non sono se non poetiche imprecazioni. Addio, pregiatissima amica: io aspetto la vostra risposta con impazienza, ma consapevole che il vostro poterne gire in villa mi ritarderá di volta in volta il piacere di ricevere le vostre lettere. Parlatemi del povero Salvagnoli, se sapete che il fratello sia fuori di pericolo. Ai signori Cecilia e Marsuzi recate i miei saluti: e che talora io sia rammentato da essi nella vostra stanza. Io sono con la piú vera stima ed amicizia immutabilmente, ecc. Napoli, 18 aprile 1826.