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novant’anni piú che non fecero gli abitatori dell’ isola. E quando si spensero tra noi gli Aragonesi, soggiacemmo ultimi a re stranieri, entrammo in duro cammino, in cui preceduti ci avevano i siciliani. Perdemmo, è vero, il nostro parlamento, ed i siciliani conservarono il proprio. Ma una sorte cotanto diversa non impedí che unico fosse il regno ed unico l’esercito di Napoli e di Sicilia, sotto le dinastie cosi degli Aragonesi d’Alfonso, come dei Borboni, prima che la sicula costituzione del 1812 e le seguenti leggi confermassero si fatta unitá. Nel 1848 dissero i siciliani d’essersi levati alle armi per riconquistare il loro statuto del 1812. Se ciò fu vero essi l’ebbero; ed i napoletani voti non furono meno ardenti e sinceri dei siciliani per ottenerlo. Unico perciò il regno ed uno l’esercito per effetto della ristorata costituzione di Sicilia e pel suo parlamento convocato dai re secondo le forme del 1812; innanzi al qual parlamento s’udi l’Amari proporre, che dovesser trattarsi tutte le quistioni del dritto pubblico siciliano e dei legami da stringersi tra l’isola ed il rimanente della risorta Italia. Ma non può un parlamento convocato secondo la costituzione del 1812 rivocare in dubbio l’unitá del regno e dell’esercito, se ama rimanersi ne’ termini del dritto e dell’equitá. Or né il dritto né l’equitá né alcun fiato d’amore verso l’Italia raccomandano la richiesta che ascolto farsi da’presenti reggitori dell’isola di volersi al tutto separare da noi, e separare col nostro braccio; anzi pagando noi del nostro le spese della separazione, con quello che ci costarono i loro assalti contro la cittadella di Messina. Che i ministri di Napoli oltre l’aver ripristinato il parlamento del 1812, non abbiano facoltá di consentire ad altro senza il parlamento di Napoli, è chiaro abbastanza di per sé; lo stesso vuol dirsi de’ siciliani prima di vedersi radunato il loro; e però non comprendo come si possa oggi spezzar da essi la costituzione, per la quale han combattuto e molto meno come possono chiedere, che le milizie di Napoli abbiano a lasciare Messina e Siracusa, ove si trovano in virtú di una costituzione, che legittimò ed affermò gli antichi e non interrotti usi. Ben potrá il nostro parlamento disporre doversi da noi abbandonar Siracusa e Messina; ma oggi, senza esso, chi