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da Napoli. Avea voluto il principe, che da’ siciliani ministri si ponessero in iscritto le ragioni, per cui avrebbe dovuto il re o risedere nell’isola o cedere il regno al figliuolo. Non so quali si fossero state; ma non posso figurarmene altre nel pensiero se non le addotte dal Palmieri e tratte dal «capitolo» del 1295, ove Federico III promise di non allontanarsi mai, e di non fare allontanare da Sicilia «i suoi eredi». «Si fatto capitolo» soggiunge il Palmieri «fu sempre in vigore sino al regno di Martino il giovane; quando poscia mori Martino il vecchio, i siciliani «senza il loro consenso» ebbero il re Ferdinando I (nel i4ro): allora il capitolo si violò col fatto, sebbene per dritto rimanesse in vigore, non essendosi giammai rivocato ed avendolo i re successori confermato col loro giuramento». Ma lo stesso Federico III dimentico de’ suoi eredi, violò il «capitolo», sottoscrivendo nel 1302 i patti di Caltabellotta e di Sciacca. Egli contentossi di sposar Lionora, nata dall’angioino re di Napoli Carlo II, ricevendo quasi dotale dono, la Sicilia, che avrebbe dovuto restituire in morte agli Angioini; ed i figliuoli di lui e di Lionora sarebbero iti lungi dall’isola col premio solo, se credi a Giovanni Villani, di centomila once d’oro. Le guerre sopravvenute lacerarono questo indegno accordo: la stirpe di Federico III continuò a regnare nell’isola: vi regnarono poscia i due Martini di Mombianco fino al 1410: ma dopo quell’anno cessò la Sicilia d’aver nel suo seno i suoi principi; e né Ferdinando I che succedette a Martino il vecchio, né altro re, in 388 anni quanti s’annoverano fino al 1798, allorché vi giunse Ferdinando Borbone, vi pose ferma stanza e vi trasse i suoi giorni.

Or si vegga il leggiadro titolo che s’ebbero i siciliani per quattro secoli ad un bel circa; e se ella non era una beffa, che il «capitolo» del 1296 si giurasse da tutti i re successori di Federico III, larghi promettitori di voler rimanere nell’isola, e nondimeno viveano in Ispagna, in Austria ed in Napoli, reggendo la Sicilia come provincia, simigliante al Messico, al Peni ed a Buenos Ayres. Questa fu per si lungo spazio la sorte del «capitolo federiciano», questa l’indipendenza de’siciliani,