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potersi egli assai meglio leggere fatto in brani e per estratti o per sentenze, che non ordinatamente e lungamente. Contro quel gagliardo e delizioso corruttore di Tacito mi sembra doversi cercare aiuto nella lezione assidua di Livio. Una dama, che la soverchia modestia toglie che l’Italia non ravvisi l’uno degli spiriti piú colti di cui possa ella gloriarsi, una dama che conosce la lingua di Livio e le piú arcane bellezze della lingua di Dante, va leggendo con piacer grandissimo la Storia d’Italia-. ospite in casa sua, io ne parlo sovente con essa, ed il nome di Balbo è assai sovente sulle nostre labbra. Cosi l’inferma salute permettesse a d. Margherita Fabbri nei duchi di Altemps d’attendere alla correzione di alcuni suoi scritti! Cosi le sue sventure domestiche il permettessero, fra le quali è somma quella di una sua figliuolina, luce degli occhi suoi, alla quale si apprese improvviso il fuoco, e le arse un braccio son giá tre mesi! La contessa di Altemps adunque vuoisi annoverare fra coloro che piú tengono in pregio la Storia d’Italia. Un poco piú di larghezza nelle narrazioni, sopprimere meno gli articoli, ecco ciò ch’ella ed io andiamo talora desiderando. E qui mi permetta, mio caro conte, di tenere una opinione alquanto diversa dalla sua intorno alle parlate o concioni storiche. Non io certamente ai giorni nostri vorrei proporre l’esempio di Livio, ed anche io non amo le militari e le rettoriche. Ma quando affari di gran rilievo si sono trattati nei consigli dei re o nelle adunanze del popolo, perché privarsi di un mezzo si potente per dar colore o sangue alla storia? Questa non appartiene meno alla veritá che all’eloquenza, e però gli antichi si fanno leggere tanto piú dei moderni. Allorché gli uomini prima concepirono e meditarono, poscia eseguirono un gran fatto, che importa s’essi veramente non abbiano parlato fra loro? Ciascuno parlò nella sua mente: lo storico può ed anzi dee dirmi quali furono le arcane parole di quella mente. Forse io in’inganno; un libro intero del mio lavoro presenta Rotari ed altri che discutono l’editto e ne danno le ragioni descrivendo lo stato politico del tempo loro. Il difetto mio sará di non sapere dipingere quel Rotari convenientemente alla natura sua di longobardo