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Se tutti gl’ingenui romani furono «aidii», ella risponde, a chi dunque potea servire il dritto romano, che dai longobardi fu conservato in Italia, come apparisce dalle leggi 37 e 74 e 100 del sesto libro di Liutprando re? Ottima risposta e concludentissimo argomento, se i «romani» accennati da Liutprando fossero i discendenti degl’ingenui o uccisi o cacciati o fatti «tributari» dai duchi. Ma nella parola «romani» sta tutto l’inganno della storia d’Italia da Machiavelli fino a Muratori ed a Savigny: nella parola «romani» usata da Liutprando. S’egli è vero che gl’ingenui furono fatti tributari; dunque perderono il nome di «romani», o il portarono coll’aggiunto necessario della parola tributari.; E però i romani di Liutprando re, cioè quelli dei quali si parla per la prima volta centocinquanta anni dopo la conquista, non sono quelli dei quali avrebbe dovuto parlarsi e non si parlò punto nell’editto di Rotari: ma sono i «romani» veri, cioè i romani di Roma e di Ravenna: i quali pei trattati avuti e per le conchiuse paci e per la conversione totale dei longobardi al cattolicismo non erano piú nemici, e commerciavano coi longobardi ed andavano a fermare il piede fra essi e vi menavano moglie. Le leggi 37 e 74 sono dunque non leggi civili fra due popoli soggetti allo stesso dominio, ina leggi politiche fondate sopra trattati fra due nazioni vicine, che si toccano in mille punti, e che hanno bisogno di regolare il loro commercio: sono leggi che ottennero la reciprocanza in Roma, dove si cominciarono ad ergere scuole o collegi di longobardi, e dove un famoso documento di Farfa presenta Leone III romano pontefice giudicante in Roma nel palazzo di Laterano, ed annullante una donazione in favor di Farfa, perché donazione fatta da un «guargango» o straniero contro le regole stabilite nella legge 390 di Rotari. Quel famoso documento aretino che Muratori e Savigny adducono per dimostrare l’esercizio del diritto romano in Toscana, è un documento che servi nei tribunali di Roma: con ciò cade tutta la loro prova intorno a quell’esercizio di dritto romano negli stati longobardi: ed anzi si vede che i longobardi al tempo di Liutprando re venivano o mandavano a litigare in Roma. In un altro documento