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uomo, qual’ella è, bastano i brevi e piccoli cenni. Lo studio del vero, l’amore per la nostra Italia e la felicitá che dagli studi procede sono l’unico stimolo ed il solo premio delle nostre fatiche: io son sicuro da un’altra parte che l’uno di noi due ritrarrá volentieri da qualche sua privata opinione, se l’altro gli mostrerá qualche giusto motivo in contrario. E però io entro schiettamente nella gran quistione, ove mi sembra riposta la piú gran parte della storia d’Italia; la quistione cioè di sapere qual fu la civile condizione dei romani vinti dai longobardi? Gl’ingenui romani, ed i nobili o possessori e proprietari di terre furono a mio parere senza eccezione ridotti dal governo dei duchi allo stato di «aidii»: se di ciò non avessi le molte prove, mi basterebbe quella dell’insigne confronto ch’ella fa delle parole di «aidio» e «gastaldio» e «mundualdio» e di altre della stessa desinenza fra loro: donde felicemente si deduce da lei che «aidii» significa «tenitori». E si «tenitori» o detentori di terre, non altro furono gl’ingenui e nobili proprietari romani per effetto necessario ed indeclinabile della conquista longobarda: la quale trasportò nel vincitore il dominio eminente delle terre: i nobili non uccisi e non cacciati furono divisi fra i longobardi e costretti a pagare il tributo del terzo delle «raccolte» (frugum) non allo stato, ma bensí a ciascuno dei vincitori al quale toccarono in sorte. Il tributo del terzo variò col variare dei tempi: ma fu il piú conosciuto ed il maggiormente comune: si che diede il nome ai tertiutores che appariscono servi nei capitolari beneventani dell’ottavo e del nono secolo, perché allontanati dalla milizia ed incapaci di sposare le donne ingenue. I boschi restarono al vincitore per la caccia e per le razze. Gli affrancamenti poi operati o dai padroni longobardi o in qualche pericolo della nazione longobarda condussero gli «aidii» romani alla cittadinanza longobarda, non alla romana: egregi ordinamenti pei vincitori dopo le tante stragi fatte da Clefo e dai duchi. Non vi fu dunque cittadinanza romana e romana municipalitá: le lettere di san Gregorio scritte agli «ordini» delle cittá e raccolte con gran cura dal Savigny furono scritte agli «ordini» o di cittá non conquistate dai longobardi,