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del veltro allegorico di dante 105


Lucca e mostrato in Montecatini le vie della vittoria, tramandò l’arte di guerreggiare i fiorentini e d’insignorirsi di gran parte della Toscana.

Privo del suo capitano, Can della Scala ordinò che con magnifica pompa si celebrasse la funebre festa, e che insigne monumento coprisse le ceneri del guerriero. Non è vero adunque ciò che si crede, il Faggiolano essere morto povero ed esule dopo la cacciata da Pisa. Delle sue fattezze si è detto, e della facondia; di questa non pochi esempi adduce Albertino Mussato che o il conobbe nelle guerre dei padovani, o in Genova quando vi fu legato ad Arrigo re dei romani: Ferreto vicentino il vide signore nella sua patria. Uguccione fu molto destro nei motti: la somma ilaritá dell’aspetto impediva, per giudizio di Albertino, che altri lo giudicasse capace di alcuna dissimulazione. Pur egli sapeva dissimulare, alto nascondendo il segreto nel petto: ma vinti dall’eloquenza i cuori si aprivano ad esso. Cauto e lento deliberava; senza indugio eseguiva; valoroso nei consigli, audacissimo in campo, lasciò dubitare se in lui la fortuna superasse l’arte o l’industria. Barbaramente usò in Lucca della vittoria: ma il terrore nei suoi nemici e la fama delle valide membra crebbero la voce delle sue crudeltá. Uguccione fu ristoratore sommo del ghibellinismo; senza la vittoria di Monte Catini si sarebbe abolito atíatto appo gl’italiani fino il nome della parte dell’imperio. E se Roberto avesse avuto il frutto di quella giornata, né Matteo né Can della Scala gli avrebbero piú vietato la signoria di tutta l’Italia. Nato Uguccione in piccol castello di angusta e poco nota provincia, bene di lui Dino Compagni narrò che di basso stato erasi ei rilevato. L’oscuritá di quel castello fece credere che vili fossero i natali di Uguccione: assai male informato Ferreto vicentino cosi diceva di esso, e del nobilissimo Tolosato degli Uberti. L’invidia o gli odii delle fazioni poterono del pari che l’ammirazione dei contemporanei accreditare questa novella; presso gli uni per vendicarsi della fortuna del vincitore, presso gli altri per ingrandire il prodigio. Le cose medesime, quantunque false, si ripetevano intorno agli Scaligeri; e nel secolo seguente