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furono che semplici onori; né Cane compiacciossi gran fatto di Genova, né soprastette di tornare a Verona, donde nell’anno seguente passò a rincalzare Trevigi.

Continuavano intanto il Visconti e gli usciti a percuotere Genova orribilmente (1319): ma, sopragiunti da Napoli nuovi rinforzi, gli assedianti levarono il campo. Di che Roberto fece grandissima festa; e tosto con la sua famiglia sciolse le vele per andarne alla corte di Avignone appo il pontefice. Piú diligenti, e meglio forniti ritornarono i ghibellini; e beffandosi di Roberto ripresero con maggior furore l’assedio. Giovanni XXII avea lietamente ricevuto il re, cui fermo in pensiero stava il dominio di tutta Italia, e per piacere al quale fu spedito legato in Lombardia Bertrando Cardinal del Poggetto con ordine di guerreggiare innanzi ogni altro i Visconti.

LIV. La guerra di Genova sopragiunse importuna per frastornar nuovamente la speranza degli esuli fiorentini. L’Alighieri adunque parti da Gubbio e dai luoghi che troppo inutilmente gli rammentavano la sua patria; ed essendo ripassato nella Marca trivigiana, ove sotto le mura di Trevigi rivide forse Uguccione, trovò nel prossimo Friuli facile stanza e graditi riposi. Nei principi del 1319 Giovanni XXII aveva eletto in patriarca di Aquileia Pagano della Torre, vescovo di Padova, e fratello di Francesco Torriano. Il Friuli ubbidiva da lunga stagione ai patriarchi di Aquileia, che traevano in Udine la loro dimora: doviziosi principi e possenti alle porte d’Italia dal lato delle Alpi Giulie, nelle belle contrade cui bagnano la Piave, il Tagliamento, e l’Isonzo. Dall’Isonzo non è lontana l’antica gastaldia di Tolmino. L’essere guelfo e l’aver la propria famiglia patito ingiuria dai ghibellini si non poterono sopra Pagano della Torre, ch’ei non pigliasse con generoso cuore a proteggere gli uomini d’ingegno e gli sventurati di qualunque parte si fossero; ei fu che pregò Albertino Mussato di scrivere le storie delle cose italiane dopo la morte di Arrigo VII. Meno fastosa ed altera, ma piú pacifica e compassionevole che quella dello Scaligero, la corte udinese del patriarca Torriano accolse