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Ed a proposito dell’argento, il Torremuzza (Sic. Vet. numm. Tab. XCIV «Liparensium») dice:
«Primum Liparensium Numum, qui est argenteus, protulit Goltzius, e quo in Parutae opus induxit Havercampius. Est in eo caput Cereris spicatum, et ab adverso conspicitur Pagurus, sive marinus cancer cum populi nomine ΛΙΠΑΡΑΙΩΝ». Ma questa moneta che, se si deve prestar fede al Goltzio, è tra le più rare, il Torremuzza confessa di non averla veduta mai.
Di un’altra moneta d’argento egli parla con maggiore sicurezza, perchè l’ha veduta e si conserva presso di lui. «Symbolum ex una parte in eo expressum, quod est aquila leporem devorans, cum agrigentinorum nummis convenit. Delphinus vero saltans, qui conspicitur ex alia parte, obvius est in Liparensium aliis, qui (seguenti in Tabula) exhibentur. Literae in hac parte tantum remanentes sunt ΙΩΝ, quae meum induxerunt animum, ut numulum ipsum ad Liparenses, non vero ad Agrigentinos referrem».
Con tutto il rispetto al Torremuzza, io non riesco tuttavia a persuadermi come il semplice fatto del «delphinus saltans», che non è poi della sola numismatica di Lipara, e la molto incompleta terminazione ΙΩΝ donde egli avrà mentalmente ricostruito un [ΛΙΠΑΡΑ]ΙΩΝ bastino ad affermare che questa moneta, il cui tipo è spiccatamente akragantino, sia da ascriversi a Lipara.
La stessa terminazione ΙΩΝ potrà essere parte incompleta della terminazione ΝΩΝ di [ΑΚΡΑΓΑΝΤΙ]ΝΩΝ.
D. Sestini (Descrizione di molte medaglie antiche greche esistenti in più musei. Firenze, 1818; pag. 20), riferisce la seguente descrizione che fu fatta di una medaglia esistente nel museo Hedervariano:
D) | R) |
ΛΙΠΑΡΑΙΩΝ. Caput Jani geminum laureatum. |
RI. Vir obversus stans d. bipennem, s. cubito grandi scuto incumbuit.
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