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Per accertarmi se questo volume significasse alcun che di singolare, presi a consultare le diverse edizioni sulla Danza della Morte, di Matteo Merian, non che quelle pubblicate da’ suoi successori; così pure passai in revista le tant’altre divulgate fino ai giorni nostri, sotto il nome di Danza della Morte di Basilea Città, creduta erroneamente da taluni opera di Giovanni Holbein il giovane, del quale alcune edizioni ne portano il nome1. E per viemeglio approfondire le divergenti opinioni suscitate intorno a questa Danza, non omisi di consultare nelle principali collezioni, tanto pubbliche come private, i disegni, che ritengonsi veri ed originali lavori dell’Holbein, non che i disegni conservati nel Gabinetto e Museo di Basilea; i quali appalesano chiarissimamente il carattere e lo stile dall’Holbein con magistrale perizia eseguiti nelle diverse sue età, secondo che meglio gli conveniva, in guisa che alcuni si attribuirebbero ai più grandi maestri italiani.

Venni così in grado di fornire alla storia dell’arte questi non lievi argomenti:

I. Che la Danza della Morte di Basilea Città, esisteva di certo

    continentale), diede in gran parte origine, nel secolo presente, ad alcuni de’ più grandiosi gabinetti Europei che formano l’ammirazione dei colti viaggiatori. — Nè debbo lasciar in silenzio, che Carlo del Majno (privilegiato dalla natura di uno straordinario talento artistico, irradiante su di me una luce sempre consolatrice), del tutto assorto nelle meravigliose bellezze dell’arte, moriva nel 1829 nell’ultima miseria a Napoli, dimenticato un giorno intero sulla pubblica strada. Quell’onesto, cui le vicissitudini del mondo non consentivano un obolo pel seppellimento, fu ad alcuni inglesi origine di grande fortuna col rivendere gli oggetti provenienti dalla sua collezione. — Possano queste parole giungere gradite all’immortale spirito del nostro Majno, come attestazione del culto mio a tanto onorata memoria!

  1. Una delle principali è quella pubblicata da Corrado Mechel nel 1715: i suoi fratelli ne fecero dappoi varie ristampe. Nel 1842 un certo Lamy la riprodusse con le stesse tavole ma assai logorate: Giorgio Scharffarberg ne fu l’incisore e viveva nel secolo XVI. Ma non è che una miscea ricavata dalle composizioni delle Danze di Berna, di Basilea e di quella d’Holbein.