Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 12 — |
Tutti i personaggi del nostro quadro, si figurerebbero come esciti da una porta, quasi a simbolo di città, per cui la Danza deve effigiare memorie cittadine.
Avanti tutto, a primo anello della schiera, si presenta uno scheletro che conduce un gentiluomo, e dietro a questi un secondo scheletro che ne guida un altro: i gentiluomini sembrano appartenere all’ordine giudiziario; tien dietro un magistrato in lunga zimarra, ed un filosofo o maestro, ambedue condotti dal rispettivo scheletro; succede quindi un giovine studente in giubboncello, che stringe un papiro dal lato del cuore; quindi un mercante che tiene la mano in una bisaccia da denaro appesa alla cintura; vien dopo un’armigero coperto da mantello; quindi un giovine che potrebbe prendersi per un alchimista o chimico, portante una macchinetta d’incognito uso; vien dietro loro e dietro gli scheletri che li guidano, un uomo del popolo a calzoni laceri, che sembra un artigiano; quindi un frate dell’ordine de’ Battuti o Disciplini; quindi ancora una vezzosa signora piena di vita e di bellezza, bene abbigliata e mirantesi in uno specchio, la quale viene condotta per il dito della mano da uno scheletro, e per l’avambraccio fermata da un altro, come a significare che il pensiero della morte arresta o turba anche il libero corso ai galanti pensieri della vita.
L’ultimo ad uscire dalla porta è uno scheletro del quale si vede la testa e l’avambraccio, e dietro ad esso una moltitudine sta per uscire alla comparsa della Danza ferale.
Qual’è il pensiero che si potrebbe attribuire a questa Danza? Esso sarebbe, giusta il sentir mio, che ogni uomo di qualunque ceto è pur condotto da invisibile forza alla morte, e che, come uno scheletro sta avanti, così uno scheletro sta nel fine ad attestare, che in qualunque direzione l’uomo corra, trova da ogni lato la morte.
Gli episodii della nostra danza sono svariatissimi pel costume dei