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della Brianza, della Bergamasca, sul Lago di Como, e della Valtellina; ma sfortuna volle che di questi monumenti ne rimanesse soltanto la memoria.

E perchè simili miserie non si rinnovellino e non diano campo a ben meritata accusa per parte degli stranieri, dovrebbesi por mano a stendere una storia tutta italiana delle Danze dei Morti o Macabre, non che rovistare tutto quanto si riferisce a simile argomento, movendo dalla Danza di Como ora più non esistente1, che fu descritta da Zardelli e pubblicata per cura del benemerito Conte Lucini-Passalacqua, inserendovi mano mano quelle che dappoi si ritrovassero o di cui ne esistesse tradizione e memoria, come io tento nella pochezza delle mie forze con questa di Clusone, meritevole a dir vero di commento, e per il pensiero morale che vi traspira, e pel magistero dell’arte che vi si rivela.

Per siffatto modo verrà data prova ai forastieri, che in ogni età, come non si mancò di grandi uomini, nè di immortali produzioni:

«Là nella bella Italia ov’è la sede
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Del valor vero e della vera fede»

così nemmeno si diffettò dei trovati delle Danze Macabre.


  1. La data del 1510 che leggevasi nel cartello ivi esistente, non potevasi arguire con precisione, atteso lo stato di grande mutilazione del dipinto.