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Nello scritto di costoro, oltre ciò, sì nota che lo scopo è o futile, o assurdo, o in perfetta opposizione col loro grado sociale e coltura; così un prete deputato tira giù ricette pel tifo; due medici fanno della geometria ipotetica e dell’astronomia; un chirurgo, un veterinario ed un ostetrico, dell’aeronautica; un cuoco fa dell’alta politica; un carrettiere, della teologia; un portinaio della drammatica; una guardia di finanza, della sociologia; e così egli, cavallerizzo, fa della politica1.
È notevole (io già l’osservai nel mio Genio e Follia) che quasi tutti i mattoidi, Bosisio, Cianchettini, Passanante, Mangione, De Tommasi, ecc., han convinzioni tenacissime, profonde, ma non fervide, sicchè non dan luogo al delirio di azione se non per eccezione, e quando vi si associa l’estrema penuria; e sono di tanto più prolissi e assurdi nello scrivere, di quanto sono sensati e succosi nel parlare: e, salvo a sfogarsi più tardi in chilogrammi di carta, comportansi, nel rispondere a voce, con tal buon senso, da far passare, fra i meno accorti, per savie le loro fantasticherie.
E ve ne sono di tale abilità, da riescire veri truffatori, senza perciò venir meno alle tendenze pazzesche, anzi essendo più mattoidi degli altri: tal’è quel De Tommasi di cui enumerammo poco sopra le molte professioni mal praticate, e che a queste aggiungeva il ricatto e le truffe con abilissima arte condotte e ripetute più volte2. Guiteau era un mattoide, ma