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sero Re da teatro (Villani), ed il contemporaneo Anonimo che scrive (pag. 153):

«Poichè fu palesato che bagnato s’era nella conca di Costantino e che aveva citato il Papa, molto stette dubbiosa la gente e tale disse che era fantastico e pazzo».

E parlando della cerimonia in cui comparve con «un cappello tutto di perle con sopra una colomba pure di perle, ecc.,» aggiunge: questi vizi lo fecero stramazzare.

E Gibbon, commentando la tristissima lettera sui Baroni, aggiunge: «Che non poteva essere dettata se non da un pazzo o da un tristo».

Il gesuita Du Cerceau lo dipinge assai bene (Conjuration de Nicolas Gabrini, 1734, p. 28), come il potrebbe uno dei più moderni psichiatri.

«Rienzi è un genio difficile a definire, misto di virtù e di vizi, di talento e di incapacità, che sembravano in contrasto, ma che egli riuniva in istrano modo: era spiritoso e grossolano, furbo e semplice, ardito e timido, fiero e pieghevole, un’apparenza di saggezza e gravità lo faceva credere un politico profondo; ma gli sfuggivano dei tratti di bizzarria che subito lo facevano giudicare pazzo dalla gente di buon senso; capace delle imprese più temerarie, aveva una paura che non gliele lasciava compiere; avea troppo poco giudizio per comprendere gli ostacoli e troppa viltà per poterli vincere. La sua fierezza volgevasi ben presto in vigliaccheria, e i suoi colpi di politica, in bizzarrie deplorevoli, seppure la follia non ne era la causa. Il suo coraggio passava all’eccesso e poi si mutava in fiacchezza. La sua furberia era fondata sulla sua semplicità.