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non avrebbe osato difenderlo, nè l’Imperatore l’avrebbe potuto favorire un solo momento, nè il Cola avrebbe potuto scrivere al cardinale Guido di Bologna, protestandosi innocente, e domandando di essere mandato al Pontefice, o essere ammesso al sacro Ordine Gerosolimitano, e che ad ogni modo avrebbe dovuto esserne fatta menzione in quei quattro capi d’accusa indettigli ad Avignone conservatici dall’Hoxemio, cap. V, 2, e dal Petrarca (Epistola 16, libro 13); nè da un’accusa documentata a quel modo egli avrebbe potuto lavarsi e non avrebbe potuto essere dichiarato, come fu poi da Innocenzo VI, fedele cristiano.
Ma che tutto ciò, per quanto inverosimile, fosse vero, risulta già, a priori, anche senza l’esame di quelle strane lettere e più strane circolari, da chi conosce la
Santo, il quale deve regnare sul tempo che ha a venire, e che un altro messo del frate andrebbe a dire altrettanto al Papa, e che il Papa per quelle parole il farebbe abbruciare, ma egli risusciterebbe il terzo di per la virtù dello Spirito Santo. Per la qual cagione il popolo di Vignone correrebbe alle armi e ucciderebbe il Papa con tutti i cardinali, e poi fatto sarebbe un Papa italico, il quale rinnoverebbe la corte di Vignone e ridurrebbela a Roma.
«Il quale Papa manderà per voi, imperatore, e per me, i quali dobbiamo essere una cosa col detto Papa, il quale coronerà voi con la corona d’oro del reame di Sicilia, di Calabria e Puglia, e me coronerà di argento facendomi Re di Roma e di tutta Italia.
Quegli arcivescovi udendo quelle parole partironsi, dicendo che colui era uno stolto eretico. E fecero che il tribuno scrivesse tutto quello che aveva detto». Ora i documenti di Pelzel mostrano esattissimo il Polistore.