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veva: (Cod. Pelzel, pag. 121-122) «meravigliarsi come il Tribuno, dopo aver fatte cose che parvero sul principio venir da Dio, sì poco tuttavia esercitasse la virtù dell’umiltà, da considerare la propria elevazione come opera dello Spirito Santo, e da nominarsi suo candidato»1 — il che gioverà notare contro coloro che credono quella sua follia non altro che un’ubbia dell’epoca.
E quel Re gli rispondeva con molto buon senso «Cola dover consolarsi della sua sorte colla sentenza della Bibbia, che tutta la legge dipende da due precetti: amare Iddio sopra ogni cosa ed il prossimo come se stesso. Se qualcuno deve essere punito, ne lasci a Dio il còmpito; Cristo ci avverte di guardarci da quelli che ci vengono in veste d’agnello e son lupi. Perciò ti ammoniamo di desistere dagli ignoranti eremiti, i quali
- ↑ Cola gli rispose: «Essere stato sedotto dallo spirito della superbia, e aver meritato la condanna scagliata contro di lui. L’angelo satanico che nelle selve l’aveva inebriato coi suoi pomi e gli aveva sconvolta la mente, essergli nuovamente apparso colle sue glosse; ma averne tosto reso consapevole il comune signore. Voglia l’arcivescovo pregare Iddio per lui, tenere secreti i suoi falli». — Ma, poco dopo, colle solite contraddizioni, in un’altra lettera, di cui non ci rimase che un frammento, autorizza l’arcivescovo a palesare ciò che aveva prima confidato a lui e al Preposito della cattedrale, sotto il suggello della confessione, quando ciò piacesse all’Imperatore, e spera che, siccome Ester aveva abbattuto i nemici dei Giudei mediante lo stesso Assuero, così Maria Vergine domerà, mediante l’Imperatore, i nemici infernali — con allusioni chiare ai suoi deliri ambiziosi, che evidentemente il carcere, come suole, acutizzava.