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un’altra amica in segreto (diremo noi ciarlona), a cui come in segreto raccontò la cosa, e la donna tenne alla peggio segreto il negozio, e così di segreto in segreto, si propalò la notizia, ecc.". (Cod. Pelzel, pag. 44-57).

Ora tutto questo giochetto sulla parola segreto trattandosi degli amori della propria madre raccontati ad un imperatore, in una lettera non confidenziale, è proprio pazzesco, e non è il solo; chè, poco dopo, fa un’altra pompierata sull’essere egli Tribuno-Augusto mandato dal Cielo in agosto all'Augusto Carlo (15 agosto, 1350, dal carcere), e gli viene narrando con bisticci doppiamente assurdi come egli, nell’idea che la madre di Severino Boezio discendesse dai re di Boemia (!!), chiamò Boezio il figlio e se stesso Severo; più ne addottava lo stemma delle sette stelle, tutte cose che proprio non avevano nulla che potesse interessare quel Re, nè giovare a lui, ma che hanno tutto il conio pazzesco.

E così quando gli scriveva di essersi persuaso, grazie alle profezie di quei tai Romiti di cui parlammo, che il secondo proprio innalzamento sarebbe molto più splendido del primo; come il sole lungamente occultato dalle nuvole appare più grato agli occhi degli spettatori. "Forse Iddio, giustamente sdegnato della nefanda ed inaudita morte del serenissimo di lui avo (Enrico VII),



    scavo di una fabbrica restaurata, pare, da Rienzi, quest’epigrafe da lui dettata, secondo Gabrini, per esternare il suo vergognoso delirio: Nicolaus. Tribunus. Severus. Clemens. Laurentii. Teutonici. filius. Gabrinius. Romae. Senator, con timida allusione ad un tedesco che non era più Enrico, ma un suo bastardo. (Gabrini, Osservazioni storico-critiche sulla vita di Rienzi, 1706, pag. 96).