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Qual è l’uomo assennato che anche in pieno Medio Evo scriverebbe come fa egli a papa Clemente nella lettera del 5 agosto 1347: «Avendo la grazia dello Spirito Santo liberata la repubblica sotto il mio regime, ed essendo stata nei primi di agosto promossa la mia umile persona alla milizia, mi si attribuisce come nella sottoscrizione il nome ed il titolo di Augusto.
- «Dato come sopra il 5 agosto.
- Umile Creatura
- Candidato dello Spirito Santo, Nicolò Severo e Clemente, Liberatore della Città, Zelante d’Italia, Amante del Mondo che bacia i piedi dei beati».
- «Dato come sopra il 5 agosto.
E notisi che, dopo tanto di firma, segue ancora la lettera per ben tre altre pagine, con argomenti ben più serii di questi e che egli aveva posposto a quella pompierata sull’agosto.
Ed, a questo proposito, un documento chiaro della sua pazzia è la lettera che scrisse, nell’ebbrezza della vittoria sui baroni, a Rinaldo degli Orsini, notaio del papa (Hoxemio, III, 35). Senza fermarci alla indelicatezza, ben poco diplomatica, di che dà prova nel citargli fra i traditori, due suoi congiunti, Rainaldo e Giordano degli Orsini, e senza fermarci alla strana dimestichezza con Dio, che mostra quanto scrive: che Dio formò alla guerra quelle dita che l’arte aveva istruito alla penna, mentre, in fondo, egli non ebbe nessuna arte di guerra; giova notare come, lì, fra le più gravi accuse contro i Colonna, annoveri che essi abbiano saccheggiato una chiesa dove egli aveva deposto la sua corona d’oro. Più strana è questa pretesa alla profezia spedita ai preti, che di tali ubbie sono più scettici, come quelli che ne fanno