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nell’espressione del viso da un minuto all’altro, che non era un quarto d’ora di seguito costante nello stesso pensiero. Egli è così che comincia l’assedio di Palestrina e poi lo lascia, che nomina un abile comandante e poi lo destituisce.

Negli ultimi tempi, quando dovette imporre tasse sul vino, sul sale ai poveri, anch’egli temperò il suo lusso e tornò in apparenza sobrio: ma non mutò punto nelle altre tristi tendenze. Alla intermittente generosità di cui avea dato prova nel primo periodo succedette un freddo egoismo, una perdita del senso morale che, anche in quei tempi crudeli, destò ribrezzo, quando, per es., fece decapitare fra Monreale per non restituirgli la somma avutone in prestito: il Pandolfo Pandolfuccio, l’amico suo, rispettato da tutta Roma, come modello di vita onesta, senza una causa al mondo, solo per gelosia della sua fama, fu da lui fatto decapitare; e così immolava o spogliava dei beni i migliori del paese. E ora timido, ora feroce, passava dall’uno all’altro eccesso.

Lo si vedeva ora ridere, ora piangere quasi nel medesimo tempo e senza una causa legittima: i suoi accessi di gioia erano seguiti da sospiri e da lagrime.

Epistolario. — Ma è sopra tutto dalle lettere che appare tutto il suo genio e più la sua pazzia.

Le lettere di Cola da Rienzo eran cercate ed accolte con singolare curiosità quasi cadessero (gli scrive il Petrarca più volte) giù dagli antipodi o dal mondo della luna, e di lui si possiedono quattro epistolari: a Mantova, a Torino (22 pagine fitte), a Parigi, a Firenze (autografi questi), pubblicati e ripubblicati dal Gaye,