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decreti poetici, confermò a tutta Italia il diritto di cittadinanza romana.

Dopo vinti, e non per suo merito, i nobili, egli, che prima fu così generoso, proibiva alle vedove di piangere i morti, ed anzi, invece di proseguire la guerra, il giorno dopo, con un atto inutilmente vigliacco, che fu una delle cause della sua rovina, eccitando tutti i suoi volontari a montare a cavallo: Seguitemi, loro disse, voglio procurarvi doppiamente la pace. E fe’ suonare la tromba, e li condusse, avendo alla sinistra il figlio Lorenzo, là dove il Colonna era stato ucciso, e con l’acqua tinta nel suo sangue ne asperse il figlio, sentenziandogli: D’ora in poi tu sarai il cavaliere della vittoria. E volle che ogni capitano gli battesse colla spada nelle reni, e finì la cerimonia tristamente burlesca con un discorso: "Ricordatevi, ciò che ora io feci ci accumuna a voi soli ed a noi appartiene".

Atti e parole che anche in quell’epoca selvaggia apparvero così barbari e pazzi a quei suoi Cavalieri sacri, com’egli li chiamava, ch’ei non vollero più portar l’arme per lui; e da quel momento comincia da una parte la sua manifesta pazzia, dall’altra il disprezzo di tutti gli onesti, espressogli fieramente fin dal Petrarca in una lettera notissima al pubblico (v. s.).

Ed ora si comprende perchè egli fosse così tenero dei titoli pomposi fin dalle prime sue armi: che appena egli incominciò ad adoperarsi per le vedove, si facesse chiamare loro console, e non iscrivesse fin d’allora che con una penna d’argento; come questo Console delle vedove, appena tornato da un’ambasciata ad Avignone divenisse Console Romano, che è ben