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l’invidia e il fuoco»1. Parole queste due ultime che furono applaudite, ma che viceversa poi io non comprendo, l’ultima in ispecie, e che credo fossero applaudite appunto perchè non comprese, come accade a molti oratori di piazza in cui il suono reboante e vuoto supplisce all’idea — ed accatta, anzi, meglio, gli applausi.
Il fatto è che nell’alta società egli passava per uno di quegli alienati, allora ricercatissimi per sollazzare le brigate 2. E i nobili, i Colonna in ispecie, se lo rubavano l’un l’altro, ed egli parlava loro delle glorie del suo futuro governo:«E quando sarò re, imperatore, farò guerra a tutti voi, farò impiccare il tale, e decapitare il tal altro». Nessuno di essi egli risparmiava, e li designava uno ad uno, faccia a faccia, e intanto a nobili e a plebei seguitava a parlare del buono stato e di sè che voleva esserne il restauratore 3.
E qui apro una parentesi. Si disse (dal Petrarca in ispecie) che egli fingesse la pazzia, che fosse un secondo Bruto; ma quando noi lo vedremo crescere man mano nelle pompe, nel lusso, negli stranissimi simboli e vestiari quanto più procede innanzi nella carriera politica e dopo conseguito il potere, esagerandoli anzi sempre più, non abbiamo più alcun dubbio che egli
- ↑ Così l’Anonimo e Z. Re. Muratori vorrebbe leggervi juoco, il gioco: ma nemmeno così si può spiegare, perchè erano ben altri vizi che non il giuoco e l’invidia quelli che consumavano il patriziato d’allora.
- ↑ Anche dopo il primo plebiscito, Stefano Colonna nell’opporglisi disse: «Se questo pazzo mi fa arrabbiare, lo fo gettar a giù dal Campidoglio» (pag. 349).
- ↑ «In questi giorni usava a li mangiari» (Anonimo, pag. 37)