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Le condizioni generali favorivano allora i moti popolari. Re Roberto, protettore dei baroni, era morto. Todi (1337), Genova con Adorno (1367) e Firenze (1343), avevano iniziato un reggimento democratico che preludiava al terribile moto dei Ciompi del 1378; in Europa corse in quel tempo un vero precoce fremito popolare, fino nella feudale e monarchica Francia - che un ingegno eletto, il Marcel, per poco tempo organizzò nella capitale, ma che tosto cessò essendo troppo immaturo, troppo sproporzionato, se non alle cause, alle forze del povero schiavo dei campi e dei semischiavi, neonati, Comuni1.
Cola. — In queste condizioni, Cola, un giovinetto nato nel rione del Tevere nel 1313 da un taverniere e da una lavandaia od acquaiola, fattosi, da mezzo contadino che era, da sè, archeologo, notaio, si vide ucciso il fratello da quei miserabili che erano al governo, o meglio, allo sgoverno di Roma.
Allora egli, che, come dice l’Anonimo storico, avea nella bocca sempre un riso fantastico, e già, meditando sui libri antichi e sui monumenti eloquenti di Roma, aveva pianto sulle sue miserie e spesso esclamato con quel suo strano sorriso: «Dove sono i buoni Romani dei vecchi tempi? Dove è la loro giustizia?», fu preso da un’irresistibile fantasia, come confessò poi (Lettera a Carlo IV, documento 33 nel Papencordt), di intraprendere coll’opera ciò che aveva imparato prima leggendo.