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riesce mal comprensibile quando lo raffrontiamo col testo delle stesse prediche».

Ciò ci fa comprendere come egli, a guisa appunto del Lazzaretti, propagasse la sua divina follia non solo direttamente col fanatizzare le plebi, ma col far nascere anche dei veri alienati che, essendo semianalfabeti o ignoranti, pure si trasformavano, grazie alla pazzia, in predicatori e scrittori. Così Domenico Cecchi (Villari, p. 406) scrive la Riforma Santa, in cui giustamente propone di liberare il Consiglio maggiore dalle piccole faccende, di tassare i beni ecclesiastici, di porre un’imposta unica, di creare una milizia ed insieme di fissare le doti delle fanciulle; e nella prefazione scrive: «Mi son messo con la mia fantasia a fare tal’opera e non ne posso far altra, e dì e notte me ne pare essere sforzato che ne potrei dire cose di miracolo, e me n’è avvenuto che io stesso ne sto stupefatto». — Ed ecco spiegati i piccoli Coccapieller che pullulano, collo stesso suo stile, nell’Ezio II.

Sono pochi anni che il Malet, un monomane, chiuso in una casa di salute, senza soldati, senza danari, colla sola alleanza di un prete e d’un servo, tenta, e per un giorno quasi vi riesce, rovesciare Napoleone: falsificando degli ordini, uccide un capo del ministero, sequestra quello della polizia, inganna quasi tutti i comandanti di corpo a cui dà a credere la morte di Napoleone. E non era la sua prima impresa: chè già nel 1808 aveva tentato un’altra rivolta, fabbricando di sua testa un senatus consulto (Hamel, Histoire des deux conspirations du gènèral Malet, Paris, 1875).