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Niccolò l’approvava, e burlava Giulio quando stava serio. Egli presentiva che presto non avrebbero più riso; e allora, con la sua ilarità avrebbe voluto insultare tutti. Se l’avesse sentito sghignazzare il cassiere e il direttore della banca, sarebbe stato disposto a dare da vero dieci anni della sua vita. Erano risate sorde, ma spumose; risate piene d’impazienza; che, ad ascoltarle bene, parevano brividi; lente e comode, larghe e insolenti. Egli rideva anche con la voce; i suoi occhi luccicavano, destando la malcreanza d’Enrico, e la timidità corrotta di Giulio. Ma, a un certo punto, pareva che dovessero ridere anche i piatti; battendo su la tavola. Tutto doventava ridicolo e piacevole.

Giulio disse:

— Ora, è troppo!

Chiarina e Lola gridarono:

— No, no! Non dovete smettere!

Soltanto Enrico riescì a farli tornare in sè dicendo:

— Questa baldoria non mi piace!